di Luigi Muzii . (fonte: www.s-quid.it/mercanti-illusioni/) - Siete Norma Desmond, la famosa attrice del muto. Eravate grande. - Io sono sempre grande, è il cinema che è diventato piccolo. Nell’ultimo numero della sua newsletter, dell’ATA Chronicle e dell’ITI Bulletin, Jost Zetsche si chiede perché tanti traduttori che mostrano un profondo interesse per le tecnologie per la traduzione, una volta raggiunto un certo livello di esperienza, cessino di manifestare lo stesso interesse e di sperimentare. La risposta che si dà è che, probabilmente, si sentano adeguatamente dotati e non ritengano di aver bisogno di ulteriori miglioramenti.
Tuttavia questa risposta appare quanto meno incompleta. Ha molto probabilmente ragione, però, a ritenere che si sentano minacciati dal cambiamento, che vedano in pericolo il loro status e il loro ruolo all’interno della comunità, dopo averli così faticosamente raggiunti. Che il ruolo sia di leader, magari, è opinabile, almeno al di fuori della comunque ristretta cerchia dei social media, mentre non lo è il rischio di essere oscurati e, di conseguenza, perdere le opportunità che questo ruolo procura loro. È per questo che cercano di sfruttare la posizione che ritengono di aver acquisito per inveire contro le tecnologie che non conoscono e che non usano e, soprattutto, con chi le usa e le appoggia, facendo ricorso alla più banale strategia del terrore, basata sul tentativo di trasferire le loro paure negli altri sull’onda di un possibile castigo, magari divino, per tutta la comunità. Purtroppo, esercitano la loro influenza soprattutto con i colleghi più inesperti, anche se non necessariamente più giovani, o più frustrati dal questa crisi che sembra non finire mai e il loro grido di battaglia diventa il grido di molti. Per quanti sforzi facciano, però, non riusciranno nemmeno a rallentare lo sviluppo tecnologico e ricordano sempre più Norma Desmond. Sono indubbiamente piuttosto bravi a farsi invitare, e magari pagare, per esporre i loro argomenti in eventi di settore, ancorché o forse proprio perché generalmente rivolti esclusivamente ai freelancer. C’è qualcosa, però, nei loro argomenti che dovrebbe apparire strano anche ai colleghi di cui riscuotono il credito. Le tecnologie contro cui urlano tutto il loro sdegno si possono mettere alla prova, certo con risultati diversi, ma quasi sempre a costi ridotti se non addirittura gratis. Non si può dire lo stesso dei loro argomenti. Nessuno finora ha mai testimoniato l’efficacia delle loro soluzioni, né loro hanno mai fornito alcuna prova al riguardo. Certe affermazioni sono quanto meno apodittiche e non tengono conto dell’esistenza di clienti e, quindi, mercati diversi, ma sono pronunciate sulla base di una prospettiva estremamente ristretta. Una, per esempio, è quella per cui il “mercato di massa” è fatto solo di grandi volumi, prezzi bassi e tempi strettissimi, mentre i clienti migliori amano quello che fanno, hanno soldi da spendere e non prestano particolare attenzione al prezzo. Le generalizzazioni, però, soprattutto in quest’ambito sono sempre molto pericolose, e si rischia facilmente di essere contraddetti. I clienti che non prestano particolare attenzione al prezzo in realtà non esistono, e l’insistenza sui cosiddetti clienti diretti nasconde un difetto di fondo che resta sottaciuto, probabilmente per convenienza: sono difficili da trovare, generalmente non offrono incarichi particolarmente remunerativi e sono tutt’altro che insensibili al prezzo e difficili da fidelizzare. La loro ricerca, inoltre, richiede tempo e risorse, di cui spesso non si dispone, soprattutto in questo periodo o se si è alle prime armi. Il mito del cliente diretto Se ne è già parlato in un altro post, ed è la ragione stessa per l’esistenza in vita degli intermediari. Il miracoloso quanto fasullo medicamento proposto da questi talebani della traduzione è la vera frode, a causa della pericolosità, o, nella migliore delle ipotesi, della totale inefficacia o della non provata efficacia, del discutibile beneficio comunque non verificabile. Sono questi talebani della traduzione, insomma, a essere dei ciarlatani o dei magliari, e loro stessi, magari, sono i primi a credere in quello che spacciano. In questo caso, però, sarebbero essi stessi una bufala. Pigrizia e debolezza Forse l’esacerbarsi del loro linguaggio è solo sintomo di una crescente debolezza personale oltre che dei loro argomenti. Del resto, c’è sempre qualcuno pronto a credere a qualunque sciocchezza gli venga propinata e ad aderire a complottismi di ogni tipo pur di rinunciare a riflettere. Quest’atteggiamento non ha a che fare solo con la tecnologia e spiega perché l’industria della traduzione sia estremamente conservatrice. Le stime più recenti della deprecatissima Common Sense Advisory indicano in circa 35 miliardi di dollari (26 miliardi di euro) il valore complessivo dell’industria della traduzione, che ha registrato anche quest’anno una crescita, di oltre il 5%, a fronte di una crescita del PIL mondiale del 2,1%. La crisi sembra aver esercitato i suoi effetti anche qui, dato il rallentamento della crescita, ormai da tre anni in singola cifra e in costante calo, ma tutti gli analisti, non solo quelli di CSA, prevedono che la domanda continuerà ad aumentare anche nei prossimi anni. Perché, allora, malgrado la crescita, molti operatori lamentano difficoltà? Perché alla crescita dei volumi non è corrisposta anche una crescita dei compensi e quindi i ricavi complessivi sono paradossalmente diminuiti anziché aumentare a causa dell’aumentata concorrenza. Questa concorrenza, però, non viene dalle tecnologie, ma da nuovi operatori, in prevalenza tradizionali, che operano principalmente da rivenditori esclusivamente in base a una strategia di prezzo. Allo stesso tempo, i clienti, anche quelli migliori si sono fatti tutti più smaliziati, soprattutto in materia di prezzi. I motori di traduzione automatica online hanno sì favorito una maggiore consapevolezza dell’importanza di servizi professionali, ma non hanno certo aumentato la modesta considerazione per essi. La traduzione diventerà sempre più onnipresente con il progressivo affermarsi dell’Internet delle cose. Con l’andar del tempo, la traduzione diventerà sempre più una questione di Big Data. Non per niente, John Craig Venter ha deciso di affidare a Franz-Josef Och, il papà di Google Translate, l’incarico di coordinare il progetto per sequenziare un milione di genomi umani entro il 2020. Nel commentare il passaggio di Och a Human Longevity, la società che ha appositamente creato, Venter ha detto: «La comprensione del genoma umano nella misura in cui ci proponiamo è di fatto uno dei più grandi progetti di traduzione di tutti i tempi». I conti della serva Una cosa, però, in tutto questo, è buffa, quasi grottesca. Di recente, il ministero del lavoro americano ha comunicato che il salario medio di un traduttore, negli Stati Uniti, si è attestato, nel 2012, a 53.410 dollari. Questo reddito, ipotizzando di lavorare per 48 settimane all’anno, cinque giorni alla settimana equivale a 222,54 dollari al giorno. Questi, a loro volta, calcolando una produttività media di 2500 parole al giorno equivalgono a un compenso 9 centesimi a parola e di 27,82 dollari l’ora, considerando una media di lavoro di otto ore al giorno. Alcuni talebani della traduzione vantano redditi a tre cifre, ma significherebbero, sulla base degli stessi ritmi di lavoro, l’improbabile compenso di almeno 17 centesimi a parola. La cosa buffa è che la maggior parte di questi talebani della traduzione manifestano una presenza costante su tutti i principali social media con un’impressionante verbosità, e un’invidiabile capacità di pubblicazione tra blog, libri, interviste e partecipazione a eventi. Per scrivere questo post, in due lingue, c’è voluta praticamente un’intera giornata. Forse più, visto che il materiale a corredo è stato raccolto in più giorni. La domanda chiave, allora è: qual è la principale occupazione di questi talebani della traduzione? Forse non quella di traduttori altrimenti, dati i ritmi di lavoro necessari, non avrebbero tempo per altro per produrre i redditi che vantano. Potrebbero, legittimamente, aver deciso di differenziare la loro attività, ma in questo caso, ferma restando la scarsa trasparenza, se non proprio l’ipocrisia, forse semplicemente non sono gli oracoli più affidabili. - Né lei né io possiamo arrestare la marcia del tempo. - Boldieu, io non so chi vincerà questa guerra, ma qualunque sia il risultato, vorrà dire la fine degli Rauffenstein e dei Boeldieu. - Non c’è più bisogno di noi. - E non è un peccato? - Forse.
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